giovedì 9 dicembre 2010

Cari Colleghi, cari Amici,
convinto che ogni discussione – ancorché animosa e, magari, persino un po’ ‘sopra le righe’ – sia segno di vitalità e perciò stesso positiva, accolgo l’invito a partecipare e provo a dare il mio personale contributo, in aggiunta alla lettera che ho già sottoscritto.
Non voglio entrare nel merito dello scambio di opinioni intercorso fra Ugo Petronio e Antonio Padoa Schioppa. Sin dai tempi del mio dottorato e ancora oggi, in entrambi ho sempre riconosciuto due punti di riferimento e sono abituato a guardare a loro con il rispetto che si deve a chi ha molto insegnato (e continua a insegnare) e a chi ha dedicato (e continua a dedicare) una vita alla nostra disciplina.
Nemmeno però posso tacere – proprio non ci riesco – alcune considerazioni che mi vengono dall’esperienza complessiva vissuta nel corso di questo lungo 2010 che va concludendosi e di cui il convegno modenese – questo, sono sicuro, è chiaro a tutti – non rappresenta che l’ultimo, significativo episodio. Tutti siamo infatti ben consapevoli che in questi anni, in questi mesi, il ruolo della disciplina – unitamente a quello delle facoltà giuridiche e del nostro sistema universitario nel suo complesso – è destinato a subire ulteriori e profonde trasformazioni.
Vengo al punto. La candidatura di Mario Montorzi è nata, non senza discussioni approfondite, quando è stato chiaro che Mario Caravale non intendeva ricandidarsi quale membro del Direttivo della Società. Tra i vari, possibili candidati che potevano riceverne l’eredità – che potevano cioè rappresentare un numero forse minoritario ma, come si è visto, tutt’altro che esiguo di colleghi di varia provenienza intellettuale e geografica – il nome di Montorzi (per la storia scientifica e accademica che gli è propria, ma anche per il suo carattere e per l’energia e la limpida passione che sempre dimostra) è sembrato quello che, proprio in questo particolare momento, meglio potesse contribuire a ‘gettare ponti’ e a facilitare il dialogo piuttosto che inasprirlo. Se non m’inganno, infatti, proprio il dialogo – un dialogo ampio, schietto e, per quanto possibile, informale – era la nota principale e condivisa che aveva caratterizzato positivamente la riunione di settembre alla ‘Bicocca’ (una riunione che, non a caso, aveva registrato un’ampia e qualificata partecipazione e di cui, giustamente, i promotori andavano fieri). Poiché però non è facile – e nemmeno è sempre possibile – fare scelte ed assumere decisioni nell’ambito di riunioni assembleari come era quella di Milano, la Società col suo Direttivo costituiva – così ci sembrava – il luogo più indicato per affrontare i problemi urgenti che la nostra disciplina si trova davanti (i criteri di valutazione dell’attività scientifica, il ruolo dei nostri insegnamenti nelle varie facoltà, l’adeguatezza della nostra offerta didattica di fronte a un pubblico studentesco assai diverso anche rispetto a quello di appena dieci anni fa, solo per fare qualche esempio). In questa prospettiva, con queste motivazioni, la presenza di un rappresentante che portasse la voce e il contributo fattivo di una minoranza significativa era cosa che non avrebbe dovuto spiacere.
Questa premessa dovrebbe chiarire il fatto che molti – ed io tra questi – abbiano letto il voto di Modena come uno schiaffo. Uno schiaffo al dialogo. Uno schiaffo a un confronto sereno sulle cose da fare, appunto per rispondere alle urgenze del momento. Certo, è persino ovvio che nell’ambito di una votazione si delineino una maggioranza e una minoranza, che ci siano degli eletti e dei non eletti (altrimenti non si farebbero le votazioni). Meno ovvio – e invece almeno all’apparenza rivelatore – è però che si prenda all’improvviso e nell’imminenza della votazione una decisione capace di modificare l’ampiezza del corpo elettorale (per inciso: tale ampliamento non mi trova in principio contrario; non mancano tuttavia motivazioni nemmeno alla precedente riserva di voto ai soli strutturati: era appunto un tema che si poteva utilmente dibattere nella riunione di settembre!). Può anche darsi che l’incidenza di tale decisione sul voto di Modena sia di poco momento (in ogni caso, tanto per essere concreti, se avvertito per tempo, io da solo avrei potuto portare almeno tre dottori di ricerca!). Non è però questo che dà fastidio. Quanto spiace è piuttosto l’aver percepito (e la percezione non è dovuta unicamente alla decisione di cui sopra) un sentimento di ostilità nei nostri confronti e come la volontà – una volontà ben determinata – tesa ad escludere con ogni mezzo (eventualmente anche ricorrendo a qualche ‘forzatura’) un candidato non gradito.
Mi sbaglio? Spero proprio di si. Qualcuno – magari fra i miei coetanei – vorrà rispondermi e spiegarmi in che cosa (magari utilizzando il blog appositamente inaugurato: http://sdmmperdiscutere.blogspot.com/).
Un saluto sinceramente cordiale a tutti Voi da
Luca Loschiavo

1 commento:

  1. Andra Padovani ha scritto:
    Cari amici,

    di ritorno dalla Francia vengo a conoscenza degli accadimenti maturati a Modena. Le rimostranze sono del tutto giustificate, sicché ritengo che il nuovo Consiglio Direttivo debba prendere in considerazione al più presto nuove modalità di elezione, in grado di riflettere adeguatamente le preferenze espresse dai componenti la Società. Si tratta, qui, di adottare misure ragionevoli: sarebbe pertanto un grave errore interpretare riduttivamente l'istanza come espressione della frustrazione di un gruppo uscito sconfitto dalle votazioni.
    L'estensione del diritto di voto ai dottori di ricerca doveva essere presa in considerazione nei modi e nei tempi imposti dallo statuto. E' stata, a mio parere, commessa una leggerezza: ciò che non vale, comunque, a cancellare i meriti di una presidenza che, negli anni passati, ha gestito con merito l'istituzione alla quale tutti noi dobbiamo sentirci legati in spirito di collaborazione amichevole.

    Andrea Padovani

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